Carandini, Dante, l`archeologia ed un sogno profetico

Sin dal lontano 1914 la romana casa di Dante organizza conferenze su tutto ciò che possa illustrare la vita, i tempi e le opere del poeta. Essa custodisce inoltre la ricca collezione dantesca di Sidney Sonnino, oltre a manoscritti, incunaboli, opere rare, edizioni di pregio della Commedia. Noi abbiamo seguito l’intervento del grande archeologo Andrea Carandini che ha parlato dell’ attualità di Dante ricostruendone lo smarrimento nella selva oscura alla luce delle sue esperienze di esploratore dei documenti sopravvissuti dell’ antico. Nell’intervista che ci ha rilasciato, Carandini riassume i punti principali della sua conferenza e ci racconta come per lui tutto ebbe inzio con un sogno fatto da bambino…

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Jan Brokken: Dostoevskij in Siberia

Il Dostoevskij raccontata dall’olandese Jan Brokken nel suo Il giardino dei cosacchi (traduzione di Claudia Cozzi e Claudia Palermo, Iperborea) è quello disperato dell’esilio in Siberia. L’incipit del libro è dedicato alla falsa esecuzione della condanna a morte che Fiodor Dostoevskij dovette subire: nel 1849 lo zar Alexander lo fece preparare per la fucilazione insieme a un gruppo di altri detenuti e solo all’ultimo momento i soldati ebbero l’ordine di abbassare i fucili. Distrutto da questo evento e dall’idea di dover passare otto anni ai lavori forzati, Dostoevskij parte per la Siberia; Alexander von Wrangel, un giovane nobile, che aveva per caso assistito al fatto, lo rivede in qualità di procuratore degli affari statali e penali e fa di tutto per alleviargli la pena. Tra i due, separati dalla differenza di età (Alexander ha dodici anni di meno), ma accomunati dall’attrazione per donne sposate e difficili da accontentare, si sviluppa un’intensa amicizia, documentata da lettere che sono state il punto di partenza di questo romanzo fedele alla verità storica e alle ragioni dell’uomo Dostoevskij. Nell’intervista che ci ha rilasciato in occasione di Più libri più liberi, Jan Brokken ci ha parlato del periodo siberiano di Dostoevskij, del carattere dello scrittore e della straordinaria modernità dei suoi romanzi. 

 

Jan Brokken è nato il 10 giugno 1949 a Leida. Scrittore, giornalista e viaggiatore, noto per la capacità di raccontare i grandi protagonisti del mondo letterario e musicale, ha pubblicato tra l’altro Nella casa del pianista (Iperborea 2011) sulla vita di Youri Egorov e Anime baltiche (Iperborea 2014). L’ultimo suo libro pubblicato da Iperborea è Il giardino dei cosacchi (2016). Continue reading

Le sculture esotiche di Francis Upritchard

L’artista Francis Upritchard vive e lavora a Londra. Le sue origini neozelandesi hanno profondamente influenzato la sua carriera artistica: nasce infatti a New Plymouth, un piccolo paesino dedito all’artigianato dove impara sin da piccola ad avere dimestichezza nella manipolazione di materiali disparati, come l’argilla e le stoffe. Questi diventeranno infatti gli elementi chiave della sua poetica, a cui si aggiungerà successivamente la scoperta della balata, sostanza gommosa di origine naturale che l’artista si fa mandare dal Brasile, con cui l’artista plasma le sue opere secondo un procedimento che prevede una rapida e precisa esecuzione materiale.

Tutte le foto utilizzate nel servizio 

© Courtesy of the artist, Kate MacGarry, London and Anton Kern Gallery, New York.

 

Spinta da un’innata curiosità per il viaggio e per l’esplorazione di differenti culture, Francis approda molto giovane in Europa, dove ha modo di approfondire la sua inclinazione artistica verso la scultura. Dopo un iniziale interesse rivolto esclusivamente al regno animale, che si esplicita in un bestiario primordiale, l’artista approda in seguito alla figura umana, di cui indaga la gestualità, spesso goffa, e le espressioni corporali. Decora con la pittura le sue prime figure umane esternando così la sua passione giovanile per la pittura, ma in seguito inizia a vestirle con capi fatti su misura che sono sgargianti, variopinte e con ricami e fantasie di ogni genere. 

La scultura di Francis si colloca a metà tra realtà e immaginazione ed è ricca di spunti e rimandi a prototipi di figure ancestrali e contemporanee.

Invitata alla 57ma Biennale d’Arte di Venezia da Christine Macel Francis Upritchard espone sette nuove sculture all’interno del Padiglione delle Tradizioni.

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RAI ARTE vi propone dei ritratti di altri artisti in mostra alla Biennale d’Arte di Venezia nel 2017:

Vadim Fishkin – Artista russo 

Tracey Moffatt – Artista Australiana

Olafur Eliasson – Artista per metà danese, metà islandese

Rina Banerjee – Artista Indiana Continue reading

Veronica Santi: riscoprire Francesca Alinovi

La curatrice d’arte Veronica Santi – intervistata al Biografilm Festival 2017 – ci parla della sua opera prima, ossia “I am not alone anyway”, un documentario dedicato alla figura della critica e curatrice d’arte Francesca Alinovi, barbaramente uccisa a Bologna nel 1983. Il film non è però ispirato al famoso delitto, bensì all’eclettica figura di Francesca: l’ascesa di una giovane donna di provincia capace di proporre in tutta Italia, e fino alla New York della galleria di Holly Solomon, la propria idea di arte, una commistione fra fotografia, fumetto e graffiti. Decisa a raccontare il rapporto con la realtà degli artisti di periferia, esclusi dall’élite culturale, Francesca rimase vittima a sua volta delle ossessioni di un pittore, in una vicenda inquietante e quanto mai attuale.

Biografilm Festival – International Celebration of Lives

Francesca Alinovi Continue reading

Tra arte e scienza l`arte del futuro è sorprendente e digitale

Sculture cinetiche che creano oleografie galleggianti, campi magnetici che generano forme di ferrofluido dinamiche, esperienze audiovisive immersive in cui sperimentare proiezioni virtuali sconosciute: ecco a voi l’arte di un futuro che è già qui.

Se volete scoprirlo, e ne vale la pena, potete visitare una stimolante mostra allestita nei suggestivi spazi della Ex Dogana di Roma nel quartiere San Lorenzo. “Art Futura. Creature digitali”,  permette infatti di compiere un piccolo ma davvero sorprendente viaggio nell’ arte digitale, grazie alla presenza, tra le altre, di sei protagonisti internazionali dell’ arte multimediale, capaci di rappresentare le nuove tecnologie e di percorrere in parallelo il percorso tra arte e scienza incrociandosi su traiettorie nuove.

L’ effeto è di divertita sorpresa, che coglie i visitatori più maturi cosi’ come i giovani ma anche i più piccoli.

 Noi abbiamo scelto come guida lo specialista di multimedialità Edoardo Brunetti che ci ha raccontato con molto brio opere ed autori.

“Artfutura.Creature Digitali”

Roma, Ex Dogana

29 Aprile – 10 Settembre Continue reading

Fenicotteri , mare e saline: il FAI e una nuova perla a Cagliari

Il  FAI- Fondo Ambiente Italiano  apre  al pubblico alle porte di Cagliari un nuovo bene, un luogo speciale, in cui l’opera della natura e dell’uomo hanno saputo integrarsi con sapienza e armonia nel corso del tempo: le Saline Conti Vecchi ad Assemini (CA). Nella laguna di Santa Gilla, a pochi chilometri da Cagliari un luogo di archeologia industriale, in parte recuperato e riallestito come negli anni Trenta, immerso in un’oasi naturale dove vivono fenicotteri e falchi di mare, diventa con il FAI sede di un racconto appassionante alla scoperta dell’oro bianco, del sale, della sua storia e della sua produzione, del suo paesaggio e dei suoi protagonisti.

Grazie ad un accordo siglato nel 2015 tra il FAI-Fondo Ambiente Italiano e Eni-Syndial, prende vita un progetto innovativo per la tutela e la valorizzazione di un patrimonio unico, che recupera il passato per disegnare un futuro sostenibile, in armonia tra cultura e natura, tra necessità di sviluppo e rispetto dell’ambiente.

La partnership rappresenta la prima esperienza di gestione e valorizzazione sinergica di un bene culturale del tutto speciale un sito industriale attualmente produttivo inserito in una cornice naturalistica di grande valore e originale bellezza, rappresentativa del paesaggio e dell’identità storica della Sardegna: una Salina.

 Le Saline Conti Vecchi, entrate in esercizio nel 1931, si estendono su una superficie di 2700 ettari nei Comuni di Assemini, Capoterra e Cagliari e sono integrate con lo stabilimento industriale Ing. Luigi Conti Vecchi ad Assemini, che è stato oggetto di un importante progetto di riqualificazione industriale.

Saline e impianti industriali sono un unicum perfettamente integrato, che svolge la propria attività in una meravigliosa oasi naturalistica. Il progetto realizzato consente di aprire al pubblico e di rendere fruibile e visitabile a tutti,  per dieci mesi all’anno, parte del complesso delle storiche saline, attraverso la realizzazione di percorsi di visita dedicati, l’organizzazione dei luoghi per l’accoglienza dei visitatori e la dotazione dei servizi necessari e dei sistemi di comunicazione dei contenuti culturali inerenti le specificità del sito.

Per raccontare il lato “umano” delle saline, che ospitarono vere e proprie comunità di uomini, donne e bambini che vivevano nell’attiguo villaggio, sono stati raccolti ricordi e documenti privati di coloro che vi hanno vissuto.

Il progetto di conservazione e valorizzazione interessa tutti gli spazi affidati da Eni al FAI: gli ambienti sono stati riportati alle originarie funzioni, corredati di macchinari, oggetti e arredi storici – restaurati e ripristinati in loco – che permetteranno di toccare con mano come si svolgeva la vita della salina nella prima metà del Novecento, tra uffici, officine e laboratori, in un fervere di attività produttive. La visita degli edifici consentirà al pubblico di conoscere il luogo che poi visiterà lungo percorsi guidati immersi nella natura, con uno sguardo però costante alla produzione che spicca nel panorama della salina, dominato dalle candide montagne di sale visibili fin da lontano e sullo sfondo dell’orizzonte e del mare.

 

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Giuseppina Torregrossa: donne di Palermo

La storia italiana della seconda metà del Novecento vista attraverso una famiglia palermitana: non una famiglia calda, numerosa, accogliente, ma una famiglia ristretta (padre, madre, figlia), che vive divisa per molto tempo (padre carabiniere a Roma, madre e figlia a Palermo), questo in sintesi Cortile Nostalgia, il nuovo romanzo di Giuseppina Torregrossa, uscito da Rizzoli. Continue reading

Annie Ernaux – Memoria di ragazza

Durante il Salone del Libro di Torino 2017 abbiamo incontrato la scrittrice francese Annie Ernaux, maestra nell’arte dell’autobiografia, con cui abbiamo parlato del suo ultimo libro, Memoria di ragazza (L’orma editore, traduzione di Lorenzo Flabbi), che racconta l’estate dei suoi 18 anni nel 1958, e quella linea d’ombra delicata, cruciale e spesso crudele che tutti attraversiamo.

In questa intervista Annie Ernaux ci ha parlato della “memoria” al singolare nel titolo del libro (rispetto alle Memorie di una ragazza per bene di Simone de Beauvoir), del suo rapporto con l’autobiografia, della scelta di usare la terza persona nel raccontare la se stessa a 18 anni, e di come tutto quello che le è accaduto in quella fatidica estate del 1958 in Normandia è stato cruciale nell’intraprendere in seguito proprio la strada della scrittura.

Di Annie Ernaux L’orma editore ha tradotto e pubblicato in Italia anche Il posto (Gallimard 1983, L’orma 2014), Gli anni (Gallimard 2008, L’orma 2015) e L’altra figlia (NiL éditions 2011, L’orma 2016). Continue reading

Edoardo Albinati: sull`isola

Dopo aver esplorato nella Scuola cattolica la sessualità negli anni della formazione, in Un adulterio, pubblicato da Rizzoli, Edoardo Albinati affronta uno degli argomenti letterari per eccellenza, la relazione tra due persone sposate. Erri e Clementina sono a Ponza per un week end settembrino. Si conoscono poco: si sono incontrati a una festa in cui erano andati senza i rispettivi coniugi, si sono visti quattro o cinque volte e non hanno mai passato una notte insieme. Non è un’avventura spensierata quella si consuma sull’isola, l’ambito metaforico fa riferimento più di una volta al soffocamento, alla morte. Albinati analizza poi le diverse reazioni dell’uomo e della donna nei confronti del tradimento. Ci presenta una Clementina più propensa a soffrire al pensiero della moglie di lui, più distaccata dal proprio marito; poi rovescia le carte e ci descrive il personaggio femminile pronto a rientrare nella sua vita come un guanto e il personaggio maschile che sogna una vita alternativa a quella che ha. In fondo l’adulterio in questo libro non è che lo specchio di un’ineludibile insoddisfazione di fondo: a chi basta essere quello che ha voluto essere in un certo momento, quante parti di sé si soffocano pur di condividere la propria esistenza con un’altra persona? Continue reading

L`arte alternativa di Adelita Husni-Bey

“Guardare oltre il muro dell’Accademia e produrre qualcosa che abbia un valore oltre ad essere un oggetto estetico”: l’arte per immaginare alternative sociali. Da queste premesse prende vita il lavoro della giovane artista italo-libica, Adelita Husni-Bey, da sempre interessata alla sociologia, all’antropologia, a tematiche quali la memoria collettiva, l’autonomia, la territorialità.

Nei film e video che produce Adelita Husni-Bey affronta questioni complesse come quelle di razza, genere e classe, spesso traendo ispirazione da teorie educative anarchiche e pratiche di insegnamento innovative. Le sue opere si fondano su processi creativi collettivi come giochi di ruolo, laboratori e lavori di gruppo, ai quali in passato hanno preso parte studenti, atleti, giuristi e attivisti. Il compito di un artista, per Husni-Bey , è quello di creare situazioni ed esperimenti dove i diversi soggetti coinvolti, e di conseguenza gli spettatori, possano comprendere a fondo la propria connessione con i rapporti di potere economici e sociali dell’età contemporanea.

Tra i suoi lavori: Postcards from the Desert Island, 2012: ARD (Land), 2014, After the Finish Line e Agency, 2015. Unica protagonista femminile del Padiglione Italia curato da Cecilia Alemani alla cinquantasettesima Biennale di Venezia, Husny- Bey ha presentato il video The Reading (La seduta). Continue reading

Un ospedale all`interno del Colosseo. Colosseo. Un`icona. Quinta parte

Nella quinta puntata della mini-serie dedicata da RAI ARTE alla storia del Colosseo (nell’ambito della mostra Colosseo. Un’icona) la direttrice del monumento Rossella Rea ci racconta la sorprendente notizia di quando, all’interno del Colosseo, ci fu un vero e proprio ospedale che fu costruito inglobando una parte di quella che, per oltre due secoli, fu la Fortezza della famiglia Frangipane.

I documenti d’archivio mostrano come, a partire almeno dall’XI secolo, il Colosseo fosse proprietà di grandi enti ecclesiastici, in particolare della vicina chiesa di Santa Maria Nova (attuale Santa Francesca Romana), che ne affittava le cryptae per diverse attività.

Una delle prime grandi famiglie baronali romane, i Frangipane, che aveva già edificato una serie di fortificazioni e complessi residenziali lungo la Via Sacra e nei pressi dell’Arco di Tito, si insediò nel monumento nel 1130, fabbricandovi una fortezza, ricostruita in modello in occasione della mostra Colosseo. Un’icona.

La fortezza inglobava parte del monumento, di cui furono tamponate alcune arcate dei primi due ordini. Le tracce emerse dai recenti lavori di pulitura hanno portato alla luce, lungo l’intero prospetto meridionale del Colosseo fronte Celio, le tracce della presenza di un camminamento difensivo di legno. È questa una straordinaria scoperta che conferma l’avvenuta scomparsa delle gallerie perimetrali. Il ballatoio si affacciava sia all’esterno, sia all’interno del monumento. Con il terribile terremoto del 1349 la fortezza crollò e fu abbandonata.

Attorno al 1360, la Confraternita del SS. Salvatore ad Sancta Sanctorum costruisce la chiesa di San Giacomo, addossata esternamente al lato est del Colosseo; successivamente la Confraternita – forte del supporto economico delle 3 grandi famiglie romane dei Paparoni, Paoloni e Della Vecchia – trasforma una parte della Fortezza Frangipane in una struttura ospedaliera femminile con stanze di degenza all’interno del Colosseo, risanando così la zona da anni infestata da ladri, prostitute e briganti. Alla costruzione dell’ospedale risalgono ulteriori chiusure delle arcate. Grazie a quest’attività di bonifica e ripopolazione dell’area, la Confraternita strinse nel 1386 un patto con il Comune che le garantiva una serie imprecisata di privilegi fino ad ottenere nel 1418 sotto Martino V il diritto di proprietà sulla vendita di materiali estratti dal Colosseo su un terzo dell’estensione del monumento.

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In questa puntata della mini-serie che RAI ARTE dedica alla scoperta del Colosseo (nell’ambito della mostra Colosseo.Un’icona) la direttrice del monumento Rossella Rea racconta come nel corso del Medioevo e del Rinascimento il Colosseo subisce crolli e viene spogliato di una parte delle sue pietre. Il vento che soffia – impetuoso allora come oggi – ricopre di terra ogni ripiano e ogni arcata, ognuno con uno speciale microclima, e in questa specie di giardini pensili e selvaggi si depositano semi di ogni genere. Il Colosseo diventa  così una sorta di orto botanico dove crescono arbusti e sterpi, muschi e fiori; rami e liane pendono dalle arcate come in una giungla, la luce filtra attraverso le foglie. I botanici si accorgono presto di questa stranezza scientifica – il primo trattato sulla flora del Colosseo è del 1643, e altri seguono fino a tutto l’Ottocento – e con il prevalere della sensibilità romantica la metamorfosi vegetale dell’architettura affascina definitivamente i pittori. Specialmente i francesi dipingono le vedute cavernose e le arcate orlate di erba e fiori attraverso le quali si sbircia il cielo; lo ritraggono illuminato dalla luna, ombre e luci suggestive ne confondono i profili architettonici antichi e lo trasformano in un luogo dell’immaginazione.

Nel 1870 Pietro Rosa, direttore della Real Soprintendenza agli scavi ed alle antichità, eliminò dal Colosseo “il pittoresco ammanto di verdura”, stimato in circa 400 specie diverse.

Tutt’oggi gli artisti si lasciano ispirare dalla flora del monumento.

Qui vi proponiamo il Colosseo di Huang Yong Ping. L’opera è di proprietà del Astrup Fearnley Museet,(http://afmuseet.no/en/om-museet)  a Oslo in Norvegia, disegnato da Renzo Piano.

 

Huang Yong Ping, Colosseum, 2007
Ceramica, terra e piante
226 x 556 x 758 cm
Courtesy of Astrup Fearnley Museet

 

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Progetti per il Colosseo (per fortuna) mai realizzati Colosseo. Un`icona. Sesta parte

In questa sesta puntata della mini-serie che RAI ARTE dedica alla scoperta del Colosseo (nell’ambito della mostra Colosseo. Un’icona) Rossella Rea, direttrice del monumento, ripercorre i progetti speciali pensati per l’uso del monumento, spesso legati alla politica papale che ha permesso la sua conservazione sino ad oggi.

L’idea di consacrare l’Anfiteatro Flavio, presente sin dal Medioevo, matura a partire dalla seconda metà del XVI secolo, nel clima di affermazione della chiesa di Roma, promosso dalla Controriforma. Varie le iniziative e i progetti mai realizzati, come l’intenzione di Sisto V di trasformare il Colosseo in un lanificio, al cui interno collocare le abitazioni degli operai. Seguiranno per tutto il Seicento altre proposte, non ultima quella di Gian Lorenzo Bernini che prevedeva l’edificazione di una cappella situata al centro dell’arena. Nel 1696, Carlo Fontana, allievo di Bernini, elabora un progetto, non realizzato, per la costruzione di un Santuario dedicato ai Martiri Cristiani. Il monumentale edificio, a pianta centrale, era impostato sull’asse maggiore dell’ellisse ed era integrato da un portico perimetrale. In occasione della mostra Colosseo. Un’icona è stato realizzato uno straordinario plastico che dà finalmente una visione tridimensionale all’ambizioso progetto. In vista del Giubileo del 1750, Papa Benedetto XIV ordina la realizzazione, affidata all’architetto Paolo Posi, delle quattordici edicole della Via Crucis, disposte sul perimetro dell’arena. Durante l’occupazione napoleonica, nel corso degli sterri del piano dell’arena, le edicole furono rimosse. Nel 1814, su progetto di Camporese, furono costruite nuove edicole che, nel 1874, furono smontate da Pietro Rosa per riprendere lo scavo dei sotterranei. Rosa ne conservò la maggior parte degli elementi nel Colosseo, usati ora per ricostruire un’edicola.

 

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Pensare l`arte in rete

Tutto nasce da una piattoforma blog in rete dal febbraio 2011 aperta da Alexandro Ladaga e Silvia Manteiga, ovvero gli “Elastic group of artistic research”. Nel blog gli autori si interrogavano, e gli utenti rispondevano, su argomenti non solo strettamente connessi all’arte, ma anche di carattere più generale come quando venivano trattati temi come la creazione o l’idea. Certamente era un modo di riflettere su come fosse possibile far incontrare ed interagire l’arte e la rete, ma anche per stabilire un contatto con quanti avessero voglia e disponibilità al dialogo.
Si trattava infatti di dare concretezza alla massima di Duchamp che “l’arte la fa il pubblico”, che era dunque chiamato ad interagire per divenire lui stesso protagonista e non semplice e passivo fruitore.
Ora quell’esperienza si è tradotta in un libro dal titolo “127kBdiarte” pubblicato da un editore, Pensiero e Aurora, legato alle avanguardie storiche ed è un curioso e riuscito tentativo di tradurre il linguaggio e la grammatica della rete sulla carta stampata.
Il libro è diviso in 25 capitoli, tutti con un argomento legato all’arte anche se non mancano alcune interessanti digressioni su argomenti più filosofici. Spesso si parte da una domanda, seguita da una piccola introduzione cui non di rado segue un post di un frequentatore del blog. Ma l’aspetto forse più intrigante di questo libro è lo spazio lasciato in bianco che il lettore con nome data ed una sua personale opinione è chiamato a riempire.
Si passa dunque, con naturalezza, ad una sorta di scrittura collettiva in cui il lettore diventa anche autore. Chi lo legge potrebbe, anzi forse dovrebbe, munirsi di una penna per dare la sua personale risposta alle domande; ed è forse proprio questa idea di moderna maieutica socratica il modo migliore di “pensare l’arte in rete”.

Quello che vi proponiamo infine è un video realizzato proprio dagli Elastic group of artistic research. Continue reading

“Storie di una profumeria dell’800”, le etichette raccontano

Dal 23 giugno al 24 settembre il Palazzo Madama di Torino, Sala Grandi Mecenati e Saletta grafica, ospita la mostra “La carta racconta… Storie di una profumeria dell’800 a Torino”, organizzata dagli studenti della Summer School, esperienza di alternanza scuola lavoro rivolta ai ragazzi vincitori della seconda edizione del concorso “Porta, Castello, Residenza e Museo – Raccontami Palazzo Madama”, promosso dalla Consulta per la Valorizzazione dei Beni Artistici e Culturali di Torino. Il percorso espositivo si articola in quattro piccole sezioni alla scoperta delle etichette e dei documenti relativi a prodotti – profumi, oli, saponi, creme per il corpo e per i capelli – destinati alla toletta nell’Ottocento. Tra le più particolari delle ottantaquattro etichette esposte, quelle che raffigurano personaggi famosi, come Napoleone Bonaparte, o quelle in serie, come le dodici sui segni zodiacali. I materiali provengono dalla profumeria torinese della famiglia Perrone, attiva dal 1804 in via San Massimo, e furono acquistate dal museo nel 1935, assieme ad altre cinquecento etichette, ricettari e documenti. Continue reading

Un affascinante popolo di statue in mostra a Firenze

 ll fiorentino  Museo Nazionale del Bargello ospita  la prima mostra realizzata in Italia sulle statue di porcellana prodotte a Doccia, e sulle sue fonti.

Fondata nel 1737 dal marchese Carlo Ginori a Doccia, nei pressi di Firenze, la manifattura di porcellana di Sesto Fiorentino – divenuta nel 1896 Richard Ginori – è la più antica in Italia ed è  tuttora funzionante.

Il marchese Ginori raccolse sistematicamente le forme presenti nelle botteghe appartenute agli scultori attivi dal tardo Rinascimento al Barocco, servendosene per creare i modelli della sua grande scultura in porcellana. Contemporaneamente egli acquistava modelli dagli ateliers degli scultori fiorentini del tempo, o commissionava riduzioni dalle più celebri statue antiche.

La collezione di modelli per le porcellane che ne scaturì, venne ampliata dagli eredi di Carlo, ed oggi è divisa tra la manifattura Richard Ginori e il Museo adiacente alla fabbrica, purtroppo chiuso dal maggio 2014. Questo  eccezionale insieme di opere, di fondamentale importanza per la storia della scultura, non ha sicuramente ancora conquistato il posto che le spetta presso il grande pubblico.

 

Nel percorso espositivo al Bargello, le più importanti sculture prodotte nel primo periodo della Manifattura sono messe in dialogo con opere della collezione permanente del museo e presentate in confronti inediti con cere, terrecotte o bronzi che servirono come modello totale o parziale delle porcellane. Divisa in sei nuclei tematici, la mostra racconterà quindi la storia della trasformazione di un’invenzione scultorea in una porcellana: e questo processo sarà analizzato attraverso ricerche originali incentrate su singoli casi .

Dal Museo Ginori  provengono  le due opere più importanti dell’intera collezione: la Venere dei Medici, che riproduce la celeberrima statua della Tribuna, e il monumentale Camino, coronato dalle riduzioni delle Ore del Giorno e della Notte delle tombe medicee di Michelangelo, restaurato in occasione della mostra.

Grazie alla collaborazione con l’Accademia Etrusca di Cortona, verrà esposto in mostra lo straordinario Tempietto della gloria della Toscana donato da Carlo Ginori all’Accademia, anch’esso restaurato per la mostra. Il Tempietto riassume e concentra non solo le ambizioni artistiche, ma anche quelle politiche del fondatore della Manifattura.

Altre selezionatissime sculture sono state concesse in prestito da istituzioni italiane e straniere e da privati – alcune esposte in Italia per la prima volta – per dimostrare l’unicità della collezione conservata a Doccia, che costituisce l’eccezionale memoria materiale di una delle storie artistiche più gloriose d’Italia.

Oltre che per raccontare al grande pubblico un capitolo straordinario della produzione scultorea fiorentina, la mostra nasce per ridestare l’attenzione dei fiorentini e dell’opinione pubblica internazionale sulla sorte del Museo di Doccia. Noi ci siamo fatti raccontare l’ esposizone da Paola D’Agostino che dirige il Museo del Bargello

 

La fabbrica della bellezza. La manifattura Ginori e il suo popolo di statue

Firenze, Museo del Bargello

18 Maggio – 1 Ottobre

 

 

 

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Nicola Verlato, l`enfant prodige

Nicola Verlato, artista italiano che vive a Los Angeles,  scopre la sua vena artistica fin da bambino quando, nella casa paterna vicino a Verona, plasma continuamente la terra argillosa del suo giardino, suona il liuto e sfoglia avidamente i numerosi libri di storia dell’arte della biblioteca familiare. È così che avviene il suo incontro con le opere di Caravaggio, la cui fascinazione lo porta a tralasciare gli altri mezzi espressivi per dedicarsi esclusivamente alla pittura ad olio.

Verlato inizia a dipingere a 7 anni e a seguire gli insegnamenti di Fra’ Terenzio, frate francescano appassionato d’arte e pittore anch’egli, che lo educa ad uno stile accademico e lo avvicina a soggetti religiosi. Già questi primissimi lavori giovanili sono influenzati dall’uso sapientemente drammatico di luce e ombra del Caravaggio che inciderà profondamente nella sua produzione artistica matura. Altri punti di riferimento per Verlato sono i grandi artisti del Rinascimento e del Barocco italiano.

Spesso l’artista realizza opere collegate tra loro da un’affinità tematica, come la serie Zero Gravity incentrata sugli scontri automobilistici o Pagan Pop, in cui riferimenti a iconografie e soggetti di stampo classico e mitologico si combinano a elementi provenienti dal mondo della fantascienza e della tecnologia moderna.

Le contaminazioni tecnologiche rivestono infatti un ruolo importante nella sua ricerca artista: Verlato lavora molto con animazioni 3D o con tecnologie che permettono una fruizione virtuale e interattiva delle sue opere. Nel suo lavoro “Hostia”, un ulteriore omaggio a Pier Paolo Pasolini dopo il murales creato nel 2015 a Tor Pignatara a Roma, ha plasmato un incontro in 3 D tra Pier Paolo Pasolini e il poeta Ezra Pound.

Vedi anche ll Mausoleo dedicato a Pier Paolo Pasolini di Nicola Verlato  Continue reading

Baudelaire, il poeta de “I fiori del male”

Il 9 aprile 1821 nasce a Parigi Charles Baudelaire, poeta scrittore e critico d’arte e letterario. Perde il padre a sei anni. Durante gli anni del liceo, Baudelaire viene cacciato da scuola a causa del suo stile di vita dissoluto e delle cattive frequentazioni. Baudelaire si mantiene grazie all’eredità paterna che, però, intacca a causa della vita dispendiosa che conduce e per questo viene interdetto dalla madre. Trascorre la vita in ristrettezze economiche. Tenta per due volte il suicidio. La sua opera più famosa è I fiori del Male, pubblicata per la prima volta nel 1857 Continue reading

Dal local a global con Taus Makhacheva

L’eden artistico per Taus Makhacheva è il suo paese d’origine, il Daghestan.

Nel suo video Carpet del 2006, l’artista si avvolge nella sua cultura, avviluppandosi letteralmente dentro un tappeto kilim, tipico delle regioni del Caucaso.

I paesaggi del Daghestan diventano spunti geografici per molti altri video lavori, in cui affronta tematiche legate alla storia e alle tradizioni del territorio, che hanno allo stesso tempo un respiro universale.

Spesso alla base delle sue ricerche ci anche sono materiali e documenti storici che l’artista trova nell’’Archivio Russo di Stato del Documentario e della Fotografia, perché è molto interessata al modo di conservare e tramandare le tradizioni e la memoria storica e anche alla strumentalizzazione dell’informazione da parte dei media. Così, in un happening del 2015 serve una torta che rappresenta il Mar Caspio con intorno le repubbliche sovietiche, riferendosi a un filmato propagandistico dell’ex Unione Sovietica in cui sembra che Hitler, con avidità, si appropri della fetta di torta che comprende le riserve di petrolio.

Alla 57ma Biennale d’Arte di Venezia curata da Christine Macel, Taus affronta il tema della precarietà del mondo dell’arte nel suo video Tightrope, in cui un funambolo avanza con cautela sospeso nel vuoto. Alle estremità del suo bilanciere sono appesi dei quadri che rappresentano la storia dell’arte della regione, riproduzioni provenienti dalla collezione del Dagestan Museum of Fine Arts.

L’artista ha creato un suo alter ego che chiama Super Taus. È una donna forte, una supereroina capace di smuovere ostacoli che sembrano insuperabili da altri. Così, Super Taus in un video del 2014 interviene al posto degli operatori stradali inermi, sgomberando in poche mosse, una strada di campagna ostruita da un grande blocco di pietra, sottolineando il metodo innovativo del pensiero femminile.

 

RAI ARTE ha incontrato l’artista a Venezia per parlare del suo lavoro.

Vi propone anche dei ritratti di altri artisti in mostra alla Biennale d’Arte di Venezia nel 2017:

Vadim Fishkin – Artista russo, vive a Lubiana

Tracey Moffatt – Artista australiana

Olafur Eliasson – Artista per metà danese, metà islandese, vive tra Berlino e Copenaghen

Rina Banerjee – Artista indiana, vive a New York

Edi Rama – Artista e Primo Ministro dell’Albania

Francis Upritchard – Artista neozelandese, vive a Londra Continue reading