Il poeta e scrittore Umberto Saba, di cui il 25 agosto si celebrano i 60 anni dalla morte, avvenuta nel 1957) era nato a Trieste il 9 marzo 1883. Al secolo Umberto Poli, per omaggiare le radici ebraiche materne, quando pubblicò le prime poesie si firmò cambiando il cognome con “Saba”, che in ebraico significa “nonno”.
La sua prima raccolta poetica Poesie risale al 1911, mentre nel 1912 pubblica la raccolta Con i miei occhi (il mio secondo libro di versi), in seguito ribattezzata Trieste e una donna. Dopo la Grande Guerra, durante la quale venne richiamato alle armi e collaborò con il giornale Il popolo d’Italia da posizioni interventiste, vide la luce per la prima volta il Canzoniere, una raccolta di poesie a cui lavorava dai primi anni del secolo e che venne pubblicata nel 1922. Nel 1926 pubblica Figure e canti, mentre nel 1928 la rivista Solaria, con cui collaborava e grazie alla quale cominciò a frequentare più assiduamente il mondo letterario, gli dedicò un intero numero.
Nel frattempo, mentre la sua fama di poeta si consolidava, si facevano sempre più insistenti delle crisi nervose con cui combatteva da anni, e cominciò a essere seguito dallo psicanalista Edoardo Weiss, che aveva in cura anche lo scrittore Italo Svevo.
Poco prima della seconda guerra mondiale, alla promulgazione delle leggi razziali del 1938, a causa delle sue origini ebraiche fu costretto a rifugiarsi a Parigi. Nel 1939 tornò in Italia ma, nonostante l’aiuto di alcuni amici, tra cui Eugenio Montale, Giuseppe Ungaretti e Carlo Levi, dovette nascondersi e cambiare spesso città, il che non gli impedì di pubblicare proprio in quel periodo difficile la raccolta Ultime cose.
Dopo la guerra Saba collaborò con il quotidiano Il Corriere della Sera, nel 1946 vinse il Premio Viareggio per le poesie del dopoguerra, nel 1951 il Premio Accademia dei Lincei e il Premio Taormina e nel 1953 l’Università di Roma La Sapienza gli conferì la Laurea Honoris Causa.
Umberto Saba morì a Gorizia il 25 agosto 1957.
La poesia di Umberto Saba si contraddistinse sempre per una ricerca di verità e di rappresentazione sincera della quotidianità, nel rispetto costante dell’autenticità dell’anima del poeta. La psicanalisi ebbe un ruolo cruciale nella sua produzione poetica, come strumento di costante ricerca interiore e di approfondimento dei traumi subiti nell’ottica di affrontare e superare le nevrosi grazie alla consapevolezza e all’onestà con se stessi. Trieste e la sua vita quotidiana, la sua gente, i suoi paesaggi furono molto importanti per Saba, che dedicò alla sua città natale gran parte dei suoi versi. Altri temi fondamentali per il poeta furono il mare, inteso come simbolo di libertà, gli affetti famigliari e la memoria.
Trieste
(da Trieste e una donna, 1912)
Ho attraversata tutta la città.
Poi ho salita un’erta,
popolosa in principio, in là deserta,
chiusa da un muricciolo:
un cantuccio in cui solo
siedo; e mi pare che dove esso termina
termini la città.
Trieste ha una scontrosa
grazia. Se piace,
è come un ragazzaccio aspro e vorace,
con gli occhi azzurri e mani troppo grandi
per regalare un fiore;
come un amore
con gelosia.
Da quest’erta ogni chiesa, ogni sua via
scopro, se mena all’ingombrata spiaggia,
o alla collina cui, sulla sassosa
cima, una casa, l’ultima, s’aggrappa.
Intorno
circola ad ogni cosa
un’aria strana, un’aria tormentosa,
l’aria natia.
La mia città che in ogni parte è viva,
ha il cantuccio a me fatto, alla mia vita
pensosa e schiva. Continue reading